Cristina Sartori – Bruno Riccardi – Les Routes – Meraviglie Turche 2022

Meraviglie Turche

di Cristina Sartori e Bruno Riccardi

Dopo esserci innamorati della Turchia a seguito di precedenti viaggi nella stupenda Cappadocia e nella magnifica Istanbul, meditavamo da tempo di visitare le regioni orientali di quel paese, crogiolo di varie culture, civiltà, etnie e religioni. Quell’area, da millenni a questa parte, è stata uno dei centri della storia della civiltà e dell’umanità. Così nell’ottobre 2022, a bordo della nostra Toyota Land Cruiser partiamo alla volta della Turchia dell’est, prevedendo di percorrere circa 9-10.000 km fermandoci dove capita, seguendo un’ipotesi di percorso di massima tracciato in precedenza, insomma il tipo di viaggio che preferiamo anche per essere a contatto al massimo con le genti che incontriamo. Attraversate Slovenia, Croazia, Serbia e Bulgaria, arriviamo alla prima città turca, Edirne nella Tracia, l’antica Adrianopoli, rifondata  dall’imperatore Adriano sul luogo di una precedente città e teatro di ben 16 battaglie, a causa della sua posizione geografica strategica di cerniera tra il l’Impero Romano e l’Oriente. Le più famose battaglie furono quelle del 324 d.c. nella quale Costantino sconfisse Licinio, e quella del 378 d.c. dove l’esercito romano dell’imperatore Valente fu annientato dai Visigoti di Fritigerno. Edirne ha un bel centro storico, dove spicca la famosa moschea con i quattro minareti più alti di tutta la Turchia.


Il giorno dopo, attraversato il Bosforo sull’ultimo modernissimo ponte costruito a nord di Istanbul, viaggiando su ottime strade, ci fermiamo nella cittadina di Safranbolu, nell’Anatolia settentrionale, famosa per essere ancora costruita con case in stile ottomano in pietra e legno, perfettamente conservate e per essere la capitale mondiale dello zafferano, largamente coltivato e lavorato nella zona…(senza Safranbolu… niet al risotto alla milanese!).

 

La cittadina ci stupisce per la sua grande bellezza, per i caratteristici vicoli del centro storico in stile ottomano, zeppi di negozi e bancarelle per turisti e per il monumento al fiore dello zafferano. Vi si beve un tè allo zafferano molto buono e raffinato, forse il migliore che abbiamo bevuto nei nostri viaggi.

La chicca del luogo, è stato l’albergo in cui dormiamo in stile ed arredamento ottomano, gestito da una simpatica signora non più giovanissima con la quale ci esprimiamo a gesti, e dai suoi figli.

 

 

 


 


 

 

 

 

 

 

 

I due giorni successivi, li utilizziamo in un lungo attraversamento verso est per raggiungere la città di Kars, non lontana dai confini con l’Armenia. Il viaggio non è faticoso poiché molto interessante e suggestivo con bellissime montagne, bei boschi, tratti stepposi e tratti agricoli dove scopriamo la coltivazione di cavoli e zucche di enormi dimensioni, davvero impressionanti.

 

Suggestivo è  l’attraversamento del fiume Eufrate e l’ingresso nella Mesopotamia turca. L’Eufrate (Firat in turco) essendo qui vicino alle sorgenti non è ancora molto ricco di acque, ma lascia una certa emozione attraversandolo, pensando che sulle sue rive proprio in questa zona, parte importante della “Mezzaluna fertile”, l’uomo ha sviluppato la coltivazione dei cereali e quindi l’inizio dell’agricoltura.

 


Arrivati a Kars, scopriamo una bella città multietnica, abitata da Turchi, Curdi e anche Armeni. Caratteristica che salta subito agli occhi, sono le sue case del centro costruite in vari stili ma dove prevale lo stile russo zarista, tanto da sembrare di essere in Siberia. Questa zona infatti, fu a lungo compresa nell’Armenia facente parte dell’Impero russo e divenne turca solo dopo la prima guerra mondiale. Da vedere primeggiano una fortezza-castello su un’altura e una magnifica chiesa armena.


 

Kars è il punto strategico per alloggiare in un bell’albergo dal quale recarci a visitare a circa 40 km di distanza uno dei siti che da solo vale il viaggio, cioè Ani, l’antica capitale della Grande Armenia, oggi in territorio turco. Ani sorge su un altopiano semidesertico nei pressi di uno spettacolare canyon che fa da confine tra Turchia ed Armenia, stati che a tutt’oggi hanno le frontiere chiuse. La città fondata nell’alto medioevo fu una metropoli per l’epoca e importante luogo di passaggio della Via della Seta, tant’è che molti suoi abitanti erano soprattutto dediti al commercio.

 

 

Oggi si presenta in rovina con gran parte delle sue mura e delle sue abitazioni distrutte dai terremoti soventi in questa zona, particolarmente disastroso fu quello del XIV secolo che fece abbandonare la città dai suoi abitanti. Sia l’UNESCO che l’UE, hanno stanziato fondi e alcuni lavori sono in corso per il recupero. In ogni caso, ciò che è rimasto in piedi è di una bellezza straordinaria e in tutta l’area quello che colpisce di più è l’aura molto particolare che pare colpisca quasi tutti quelli che la visitano: ti sembra di essere in un altro mondo, un mondo di mille anni fa e noi, lo possiamo confermare.


 

Da Kars partiamo quindi verso sud per la città dal nome impossibile di Dogubeyazit, al confine con l’Iran. Il percorso è molto bello, la strada si snoda a oltre 2000 metri di altitudine in un territorio selvaggio e desertico, circondato da belle montagne, un vero piacere per gli occhi. Siamo ormai in pieno Kurdistan turco e ogni tanto scorgiamo dei villaggi curdi dediti soprattutto alla pastorizia, mai ubicati sulla strada principale ma sempre ad una certa distanza dalla stessa.

Poco prima di arrivare a Dogubeyazit ci appare la piramide dell’imponente monte Ararat, in turco Agri Dagi, che con i suoi 5137 metri di altitudine è la montagna più alta della Turchia. Come è noto, il monte Ararat è famoso soprattutto perché, secondo la Bibbia, l’arca di Noè si fermò sulla sua cima alla fine del diluvio universale. Dogubeyazit è una piacevole cittadina sotto l’Ararat, abitata quasi completamente da curdi nella quale però si respira una certa tensione. E’ zeppa di esercito e polizia e dei ragazzi ci volantinano, dicendo che è in preparazione una manifestazione qualche giorno dopo.


La cosa ci preoccupa un po’ specie per il fatto che un uomo di una certa età ci consiglia in inglese di non avvicinarci anche ad un minimo assembramento di persone che dovessimo vedere.


 

Non lontano da Dogubeyazit, su uno spalto montano nei pressi del confine iraniano e con una splendida veduta sull’Ararat, sorge il palazzo di Ishak Pasha che, se uno immagina di vivere nelle “Mille e una notte”, non può che immaginare di trovarsi qui. Questo splendido palazzo fatto costruire da un gaudente pasha curdo alla fine del ‘600, è un crogiolo di stili architettonici: armeno, persiano,georgiano, selgiuchide e ottomano.

 

 

Fungeva in parte da caravanserraglio sulla Via della Seta, ed aveva in origine 366 stanze, delle quali 24 riservate all’harem!! L’atmosfera al suo interno è davvero magica. Posto imperdibile per il palazzo in se ma anche per il panorama che si può ammirare dallo stesso.

 


 

Abbandonata Dogubeyazit al mattino presto del giorno della manifestazione, prima che la città stessa sia bloccata, ci dirigiamo verso sud sul lago di Van, luogo turistico, considerato il “mare curdo”. Lungo il percorso, soprattutto stepposo, incontriamo molte greggi di pecore o capre estremamente numerosi, diciamo che ci appare il Kurdistan come lo si può immaginare. Le sponde est e sud del lago che percorriamo sono carine e decidiamo di visitare l’isola di Akdamar sulla quale sorge una famosa chiesa armena, a ricordare che questo territorio era parte della Grande Armenia.

Avremmo pensato di andare nella bella città curda di Mardin, ma preferiamo soprassedere perché dopo l’arresto di nove militanti curdi in quella città, pare ci siano dei disordini. In questa zona veniamo fermati spesso da posti di blocco fatti dall’esercito anche con blindati, ma tranne una volta che hanno controllato i nostri passaporti, ci hanno sempre lasciati passere rapidamente.

 

 

Decidiamo di puntare quindi verso ovest e facciamo tappa nella città di Silvan, in un modesto motel per camionisti. Silvan, in curdo Farqin, è l’antica Martyropolis. Il nome sintetizza la storia cruenta che la città a vissuto fin dall’epoca bizantina, balzata alle cronache anche nel 2015 per feroci scontri tra l’esercito turco e i curdi. In questa località è stato piacevole cenare in un ristorante gestito da giovani curdi coi quali abbiamo fatto amicizia. 


 


Il giorno successivo raggiungiamo il sito di Nemrut Dagi, situato su un monte a 2150 metri di altitudine, nell’area anticamente abitata dagli Ittiti.. Questo luogo prevede una camminata su una montagna molto panoramica fino a quasi in vetta, dove sorge la tomba del re Antioco I di Commagene, il quale su tre terrazze molto panoramiche, fece realizzare nel primo secolo a.c. numerose grandi teste di vari Dei in pietra e di animali. Il luogo, molto suggestivo e patrimonio dell’umanità, è quello dove abbiamo incontrato più turisti.


 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Dopo una lunga cavalcata verso ovest, raggiungiamo la zona del mar di Marmara per visitare la cittadina di Iznik, l’antica Nicea, che sorge su un bel lago. Nicea città che ha avuto grande importanza in passato, è famosa perché fu sede di ben due concili ecumenici del Cristianesimo, il primo nell’anno 325, convocato da Costantino I e il secondo nel 787, convocato dall’imperatrice bizantina Irene l’Ateniana.

Notevoli sono i resti delle antiche mura, il teatro romano e la moschea Aya Sophia, meno sfarzosa di quella di Istanbul, ma comunque bellissima. Anche questa moschea è stata ricavata da una precedente chiesa cristiano-bizzantina. Nicea è considerata la più importante città dell’Islam turco e conta diverse madrasse, oltre ad un museo che abbiamo visitato.

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo Nicea, attraversiamo lo stretto dei Dardanelli sul nuovissimo ponte e attraverso Grecia, Albania, Montenegro e la Costa Dalmata, facciamo ritorno a casa. Abbiamo sempre l’Africa nel cuore e speriamo di tornarci al più presto, al cuor non si comanda, ma sottolineiamo tuttavia che questo in Turchia, anche se fatto su ottime strade e non sulle nostre amate piste africane, è stato un gran bel viaggio.