Soundtracks – The Doors – The End

ultimo aggiornamento 1 Gennaio 2024



The End è un brano musicale del gruppo rock statunitense The Doors. La canzone nacque e si sviluppò nel corso di alcuni mesi grazie a una serie di esibizioni al Whisky a Go Go di West Hollywood nel 1966, con Jim Morrison che improvvisava parte del testo di volta in volta aggiungendo o modificando strofe ad ogni concerto. Fu infine registrata nell’agosto del 1966 e pubblicata come brano conclusivo dell’album di debutto della band, The Doors il 4 gennaio del 1967. The End è stata classificata alla posizione numero 336 della lista delle 500 migliori canzoni redatta dalla rivista Rolling StoneLa rivista Guitar World ha posizionato l’assolo di chitarra presente nella canzone al numero 93 della classifica “100 Greatest Guitar Solos of All Time”. La traccia fu registrata ai Sunset Sound Recording Studios di Los Angeles nell’estate del 1966, dopo svariate prove della canzone, sviluppatasi nel corso delle esibizioni dal vivo della band. The End era nata da una sorta di improvvisazione free form del gruppo sul palco, sulla quale Morrison improvvisava un testo diverso ogni sera. Giunti ad una versione del testo quasi definitiva, la canzone fu messa su nastro in studio abbassando le luci per creare maggiore atmosfera. Finita la registrazione, Morrison tornò di soppiatto in studio a notte fonda, e cosparse l’intero studio di schiuma antincendio. Molteplici sono le influenze letterarie classiche e moderne presenti nel brano. Con The End risultò lampante la centralità dei testi nella produzione musicale dei Doors. Evitando ogni tentativo meramente emulativo, Morrison fa convergere la poetica simbolista e visionaria di William Blake, il decadentismo oscuro e minaccioso di Edgar Allan Poe e le istanze di protesta di Allen Ginsberg.


Ad un certo punto nella canzone fu introdotta una celebre parte parlata, che comincia con la frase: «The killer awoke before dawn, he put his boots on. Went to the room where his sister lived and… walked on down the hall » (“l’assassino si svegliò prima dell’alba, indossò gli stivali. Passò dalla stanza di sua sorella e… proseguí per il corridoio”), culminando in maniera drammatica con i versi: «Father, yes son? I want to kill you. Mother, I want to…» (“Padre, Si figliolo? Voglio ucciderti. Madre, io voglio…”). Seguono, nella versione discografica, urla incomprensibili coperte dal crescendo strumentale; ma nelle esecuzioni dal vivo Morrison urlava spesso: «fuck you all night long» (“fotterti tutta la notte”) o parole simili. Si tratta della celeberrima sezione edipica parte integrante del mito dei Doors e del Morrison poeta.



Apocalypse Now

In Vietnam, durante il terzo anno di guerra, il capitano Willard viene inviato ai confini della Cambogia per una missione segreta e delicatissima: dovrà uccidere il colonnello Kurtz che, impazzito, sta combattendo una sua guerra privata. Willard risale un fiume e si trova a percorrere tutti i gironi dell’inferno. I suoi compagni di viaggio sono degli squinternati. Quasi nulla è comprensibile: gli attacchi con gli elicotteri al ritmo di Wagner, un ufficiale che fa surf sotto i bombardamenti, battaglie all’insegna del “napalm”, che rendono la scena simile a quella di una Disneyland allucinata. Trova Kurtz-Brando in un incontro che il regista carica con toni epici e misteriosi: Brando, monumento più che mai, fotografato nella penombra, sembra qualcosa di più o di meno di un essere umano. Kurtz spiega la sua filosofia: occorre uccidere, distruggere e mutilare, anche donne e bambini, se la causa è giusta. In pratica il colonnello giustifica i propri delitti in nome della difesa della patria.


È dunque un eroe o un pazzo sanguinario? Willard compie la sua missione e lo uccide. Il film è ispirato al racconto Cuore di tenebra di Conrad ed è sceneggiato da John Milius. Coppola è senza dubbio il regista che ha segnato gli anni Settanta (Oscar a Il Padrino e a questo film) con la sua regia capace di raccontare con stile, seppure appesantita da qualche virtuosismo. Negli autori che cominciavano allora e che sarebbero diventati grandi (come Scott, Cimino e Cohen) la sua lezione sarebbe stata un riferimento imprescindibile. Senza pretendere di cambiare i destini del mondo, Coppola si impegna in un ragionamento sul bene e sul male e sulla loro relatività. Un uomo che ha la possibilità di esercitare un potere sempre maggiore può non riuscire a fermarsi in tempo e a individuare il confine fra la propria anima ancestrale, violenta e amorale, e quella civile, perdendo di vista la possibilità di convivere con gli altri, se sono più deboli. Naturalmente non era casuale che questa filosofia venisse applicata a quella guerra sciagurata che aveva confuso e stravolto tutti gli aspetti della morale americana. Kurtz, credendosi onnipotente, aveva perso di vista il proprio limite umano. Doveva essere distrutto. Il film sarà ricordato per il grande budget (quaranta milioni di dollari) e per le difficoltà di lavorazione nelle Filippine, per il boicottaggio da parte delle autorità americane, che naturalmente non condividevano la chiave negativa e disperata che Coppola dava della guerra. A tre lustri di distanza, Apocalypse Now si pone come manifesto attendibile di quella vicenda e come film dai grandi valori confermati. Ventidue anni dopo, Coppola ha riproposto il film in una nuova versione: Apocalypse Now – Redux,arricchito da 54 minuti di scene inedite, ma soprattutto con un nuovo finale, è giunto nelle sale nel 2001.