Soundtracks – Aerosmith – I don’t want to miss a thing


 

Aerosmith – I don’t want to miss a thing – Armageddon


Pensi agli Aerosmith e la prima canzone che ti viene in mente è “I don’t want to miss a thing”, la power ballad che alla fine degli Anni ’90 permise alla già navigata band capitanata da Steven Tyler di vendere milioni di copie e di conquistare il primo posto in classifica in mezzo mondo, facendosi conoscere anche dalle nuove generazioni. Il brano fu tra i quattro incisi dagli Aerosmith per la colonna sonora del film “Armageddon” (gli altri erano “What kind of love are you on”, “Come together” e “Sweet emotion”), diretto nel 1998 da Michael Bay con Bruce Willis, Ben Affleck e Liv Tyler, la figlia del frontman, che nella pellicola interpretava Grace Stamper. A distanza di ventitré anni dalla pubblicazione del brano, l’autrice racconta un aneddoto sulla genesi della hit, rivelando che la canzone fu originariamente pensata per essere interpretata da una donna. Diane Warren, autrice di hit portate al successo da Céline Dion, Whitney Houston, Britney Spears, Christina Aguilera, Beyoncé, Elton John, Mariah Carey, Lady Gaga, solo per citare alcune delle star del pop e del rock con le quali ha avuto modo di collaborare, in un’intervista concessa all’edizione statunitense di “Rolling Stone” ha parlato anche della nascita di “I don’t want to miss a thing”. E ha detto: “Mi fecero vedere il finale del film e io iniziai a scrivere la canzone. Mai l’avrei immaginata cantata dagli Aerosmith. Pensavo che a cantarla dovesse essere un’interprete femminile, ma la voce di Steven Tyler l’ha resa ancor più potente. Ricordo ancora la prima volta che ascoltai il brano fatto dagli Aerosmith: caddi giù dalla sedia. Era fantastico. Avrebbe dovuto vincere il Grammy come Record of the Year. Era una canzone fantastica”. La 64enne autrice è attualmente in corsa per un Golden Globe con la sua “Seen”, la canzone interpretata da Laura Pausini nella colonna sonora del film “La vita davanti a sé”, con protagonista Sophia Loren. Il testo in italiano è stato firmato da Niccolò Agliardi, da anni braccio destro della voce di “Strani amori”).

 

Armageddon

Il Nuovo Testamento racconta di una battaglia definitiva tra Bene e Male, uno scontro catastrofico che potrebbe porre fine a tutte le cose. Oggi la disgrazia, nota anche come Armageddon, sta arrivando dal cielo. Mentre la minaccia di un meteorite grande quanto il Texas si avvicina inesorabile verso il pianeta Terra, la Nasa intuisce che c’é un solo modo per distruggere l’asteroide: atterrare sulla sua superficie e farlo esplodere dall’interno. Gli unici capaci di riuscirci sono dei trivellatori americani, rozzo manipolo di eroi improbabili, abituati ad estrarre petrolio, adesso costretti ad iniettare speranze e coraggio nel mondo.
Se la Bibbia fornisce lo spunto, la storia conferma che lo spazio è sempre stato un universo di significati simbolici, campo di battaglia per stabilire la supremazia politica e culturale di una nazione. Micheal Bay lo sa e ci tiene a farlo sapere. Con Armageddon il regista re dei blockbuster scrive un’epopea spettacolare che trasuda orgoglio e patriottismo. Un film che connota di nuovi significati l’abusato aggettivo “americanata”, qui inteso come esaltazione dell’autocompiacimento.
L’enfasi epica è agevolata dalla missione di salvataggio di un intero pianeta, un’impresa in cui ognuno dei bad boys, capitanati da Willis, investe non solo la vita, ma parte della sua persona e del suo ruolo di marito, compagno e padre. La straordinaria esperienza da astronauta non farà che testare le identità di personaggi che orbitano intorno al mondo degli stereotipi. Armageddon è un film colmo di stelle di Hollywood che, come gli impacciati neo astronauti, non riescono ad andare in profondità, rimanendo così in superficie ad armeggiare con gli effetti speciali. Sia sulla Terra che nello spazio si celebra la sovraesposizione del machismo più spudorato, in cui gli uomini agiscono e le donne stanno a guardare, aspettando come moderne Penelope il ritorno del proprio Ulisse.
L’eroismo è l’unico messaggio di un’opera in cui tutto è sovraesposto, senza alcun sottotesto che celi metafore o allegorie. Nonostante questo, Armageddon riesce nella sua prevedibile missione, ovvero intrattenere ed emozionare, pur facendo ricorso ad un’evidente ruffianeria. Ci sono film che sconvolgono l’immaginario collettivo e altri, come Armageddon, che ne sono una rassicurante conferma, nonostante il genere catastrofico. Altruismo, eroismo, la popolazione immobile che assiste all’America capace di tutto. È forse la sintesi del cinema stesso, con la platea ferma a guardare l’impossibile che si muove maestoso sullo schermo, assieme alla confortante sensazione che da qualche parte nel mondo c’è un Bruce Willis duro a morire, eppure pronto a sacrificarsi per tutti noi.